Valore Sportivo

«Con la testa, con le gambe e con tanto cuore»

Cordiano Dagnoni, presidente nazionale della Federciclismo, commenta i risultati ottenuti dall’Italia a Tokyo 2020: «Se ci penso, mi viene ancora la pelle d’oca…»

MILANO – L’immagine della sua esultanza a squarciagola mentre sventola la bandiera italiana, resterà una delle “icone” di Tokyo 2020. Già, perché Cordiano Dagnoni non è semplicemente il presidente nazionale della Federciclismo. E’ colui che, ad esempio, ha curato il rifornimento degli atleti azzurri durante la gara in linea. E’ colui che, come dice simpaticamente: «Ho seguito la finale dell’inseguimento dalla tribuna perché da lì si vedeva meglio…».

Il quartetto campione olimpico nell’inseguimento a squadre con il record del mondo: che emozioni quel giorno…

«Se ci penso, mi viene la pelle d’oca anche adesso. Eravamo molto soddisfatti già il giorno prima, quando in semifinale i ragazzi erano stati straordinari, battendo in rimonta la Nuova Zelanda stabilendo il primo record del mondo».

Poi è arrivata la finale con la Danimarca…

«Se avessero applicato il regolamento alla lettera – dice il près nazionale – la Danimarca avrebbe corso senza Frederik Madsen, l’atleta più forte, dopo che lo stesso aveva investito il corridore inglese in semifinale. Ma tant’è… In finale i nostri quattro ragazzi hanno corso con abnegazione e grande coraggio. Elia Viviani è stato splendido. Ha detto loro: “Ragazzi, vincere l’Olimpiade cambia la vita: non fermatevi all’argento”. Il quartetto è stato impeccabile dalla prima all’ultima pedalata, regalandoci quel finale in rimonta che ci ha fatto battere forte il cuore».

Come si diventa campioni olimpici?

«In una disciplina come il ciclismo su pista, dove nulla può essere lasciato al caso, servono idee chiare, preparazione atletica, tanto carattere e ancor più cuore. L’Italia ha vinto perché è guidata da un tecnico eccellente qual è Marco Villa. L’Italia ha vinto perché sin dal primo giorno si è respirato il clima ideale, quello che ti permette di “andare oltre”…».

Anche perché sarebbe un errore fermarsi solo all’oro dell’inseguimento…

«Perfettamente d’accordo. Il bronzo di Elia Viviani a cinque anni di distanza vale molto di più. Da applausi anche il record italiano del quartetto femminile, squadra giovanissima che ha già messo a fuoco l’obiettivo: è Parigi 2024».

Cordiano Dagnoni (terzo da destra) col presidente del Coni Malagò, e i protagonisti del titolo olimpico vinto nell’inseguimento a squadre

Il ciclismo su strada e il fuori strada sono il rovescio della medaglia?

«Dipende dai punti di vista. Non trascuriamo la bella impresa di Elisa Longo Borghini, ad esempio. Non dimentichiamo la performance di Ganna nella cronometro, su un percorso totalmente avverso alle sue caratteristiche».

E la deludente prova in linea?

«Vi invito a riparlare del ciclismo italiano al termine degli imminenti Campionati del Mondo – dice Cordiano Dagnoni – ma, per favore, nel giudizio non limitatevi alla gara di Tokyo. Scorrendo l’ordine di arrivo, vedrete che nei primi 30, 28 avevano appena finito il Tour de France. Corsa alla quale, invece, i nostri non hanno partecipato per scelta dei club di appartenenza. Discorso a parte merita il settore del fuori strada, BMX e MTB, dove occorrerà “metterci la testa” e scrivere un nuovo capitolo».

Cosa che farete anche per la nazionale italiana?

«Ho letto e sentito tante cose, spesso fuori luogo e distorte. Credo, al contrario, che quando inizia una nuova gestione, il modus operandi possa anche cambiare. Confermando che l’intenzione primaria è quella di pensare sempre al meglio».

Sta puntando molto sul coinvolgimento di più persone…

«L’unione fa la forza, è indubbio. Certo: ci sono anche gli invidiosi che mi accusano di coinvolgere i miei amici. Il mio obiettivo è, invece, quello di avvicinare al ciclismo persone che abbiano esperienza, competenza e visione».

Cosa lascerà in scia l’Olimpiade di Tokyo?

«L’auspicio è che i risultati ottenuti accrescano l’interesse dei giovani verso il ciclismo. Allo stesso modo – sottolinea Cordiano Dagnoni – spero che abbiano un seguito le parole espresse dal sottosegretario Valentina Vezzali. Avere più strutture per sviluppare l’attività del ciclismo (in primis quello su pista che, ad oggi ha un solo velodromo al coperto in tutta Italia: Montichiari) ci permetterà di ribadire il valore della scuola italiana, capace di regalare successi e prestigio allo sport e alla nazione».

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