Stella Frascà è il personaggio femminile del momento: consigliere regionale del Coni Liguria, dirigente della Federcalcio e presidente del Comitato Monza Brianza Libertas ha idee chiare, competenza e una grande passione
MILANO – Se l’argomento è lo sport, state pur sicuri che Stella Frascà avrà la migliore risposta al vostro quesito. Quarantaquattro anni, genovese, l’avvocato è indubbiamente il personaggio femminile del momento. Nel giro di pochi mesi, il nome di Stella Frascà è stato scritto a caratteri indelebili tra quelli che dovranno sostenere le sorti del mondo sportivo, ad ogni livello, nel prossimo quadriennio.
In rapida successione cronologica, Stella Frascà ha ottenuto la carica di presidente del Comitato Monza Brianza della Libertas, è entrata a far parte del Consiglio Federale della FIGC in quota Lega Nazionale Dilettanti e dallo scorso fine settimana, compone il Consiglio Regionale Ligure del Coni.
Una inarrestabile escalation, quella dell’avvocato ligure, ovunque apprezzata per la solerzia, la competenza e la tenacia che ha sempre messo in campo: «La voglia di mettermi in gioco – racconta – deriva dalla mia grande passione per lo sport. Le ho letteralmente provate tutte: dal calcio ai motori, dalla pallavolo alla pallacanestro, dal savate alla kick boxing. Alcune passioni mi sono poi nate pur senza praticare quella disciplina, come quella per la pallanuoto, ad esempio».
Metta su un ideale podio le sue preferenze sportive…
«Al primo posto c’è il calcio e, in particolare la fede per il Genoa, squadra unica nel suo genere e buon motivo – sorride – per imparare a gestire le delusioni… Poi ci sono i motori e miti come quello di Max Biaggi, pilota che ho apprezzato molto per i valori espressi. Al terzo posto metto la pallanuoto: non l’ho mai praticata, ma da quando ho iniziato a seguirla, non posso farne a meno. Faccio il tifo per il Quinto, la squadra del mio quartiere…».
Da dirigente della Giunta Coni, che idea si è fatta dello stato di salute dello sport italiano?
«Il periodo pandemico ha portato alla ribalta fragilità che già esistevano e che si sono accentuate. Il mondo sta cambiando – sottolinea Stella Frascà – e lo sport ha il dovere di mettersi alla pari coi tempi. Stiamo vivendo un periodo nel quale è giusto fermarsi, riflettere e capire come vivere il cambiamento che non tutti, a livello dirigenziale, sono pronti ad affrontare. Faccio un esempio: quando in Lega Dilettanti abbiamo parlato di e-sport sembravamo marziani. Eppure oggi è chiaro come sia una bella opportunità di crescita e sviluppo. L’invito al cambiamento non è rivolto solo alle federazioni, ma riguarda anche le società: non è più possibile guardare solo al proprio orticello».
Altro lato debole emerso in questo periodo: l’impiantistica…
«Concordo ed aggiungo anche i rapporti tra lo sport ed il mondo della scuola. Non è più procrastinabile l’ingresso dell’attività sportiva nel programma didattico».
L’esasperazione dell’agonismo è un pericolo reale?
«La nuova generazione interpreta l’agonismo con parametri diversi rispetto a quelli conosciuti sino a pochi anni fa. Il compito di chi propone sport non deve limitarsi alla gestione del risultato. Va riscoperto il concetto di sport inteso come momento di socializzazione e svago. I valori sportivi devono riprendere quota».
Tanti addetti ai lavori sono spaventati dall’annunciata riforma dello sport…
«Timori che condivido. Non è di questa riforma che lo sport ha bisogno. Sono comprese situazioni fiscali e contributive che metterebbero per terra un sistema che è già in ginocchio. La tutela ed il riconoscimento di alcune figure che operano nello sport è fondamentale. Occorre apertura mentale e visione per strutturare la legge quadro che può, una volta per tutte, sistemare la questione».
Come va in Federcalcio?
«Il discorso è simile a quello fatto sinora. Anche il calcio deve avere la capacità di capire che solo con una adeguata ristrutturazione organizzativa sarà possibile ritrovare il lustro di un tempo. La Serie A naviga a vista, con problemi economici piuttosto seri che impongono il cambio di rotta».
Si dice che servano nuove risorse e che, in tal senso, gli impianti di proprietà sarebbero una buona soluzione…
«Non è quella l’unica panacea. Insistere su quella strada però – specifica Stella Frascà – ha anche una valenza culturale. Quando si va all’estero, una delle tappe fisse è quella di andare a visitare stadi dentro i quali si “respira” la storia di quel club o del calcio in genere. L’Italia ha moltissimo da offrire sotto il profilo culturale. Non sarebbe male che tal patrimonio potesse essere impreziosito anche dallo sport».
Lei sta vivendo anche l’esperienza diretta con un Ente di Promozione Sportiva, la Libertas…
«Gli Enti di Promozione Sportiva hanno il dovere di ricreare il loro spazio, puntando su discipline sportive diverse da quelli federali. Tenendo ben presente l’aspetto dei costi dio gestione che spesso rappresentano un ostacolo difficile da superare. Penso alla pallanuoto e agli sport d’acqua in genere: hanno costi di gestione altissimi. E’ questo, a mio parere, il settore più colpito nel periodo pandemico».
Ha un sogno nel cassetto?
«Sono sempre andata avanti a piccoli passi, ponendomi degli obiettivi e lavorando in quella direzione. Quando sono entrata nel mondo dello sport, gli elementi giuridici erano visti con un certo distacco. Oggi, invece, la musica è totalmente diversa. In questi quattro anni voglio dare il mio contributo per aiutare lo sport a trovare la sua giusta dimensione. Servono senza dubbio riforme che però vanno assunte sentendo tutte le componenti e non solo una singola federazione. La strada deve essere una sola – conclude Stella Frascà – puntare in direzione del bene dello sport».