Valore Sportivo

Progetto Serteco Volley: valorizzazione del talento

Mario Barigione è quella figura che, all’interno del progetto Serteco Volley – dal quale nascono anche le imprese del Dream Team dell’Olympia capitana da Valentina Arrighetti – tiene ben salde le basi e le fondamenta del programma che dal settore giovanile porta diretto fino alla prima squadra. Coach, in B2, ricopre anche il ruolo di direttore tecnico in quel settore giovanile così caro al Presidente Giorgio Parodi.

Barigione, nonostante l’ultima sconfitta in B2, quest’ultima è stata un’annata davvero incredibile. Non è vero?

«Sì, proprio così. Nella prima gara non siamo riusciti a imporci e oggi, senza dubbio, sarà difficile. Nonostante questo è stata una stagione davvero ricca di soddisfazioni. Prima ancora, però, è stata una stagione vissuta; questo ci ha permesso di raggiungere il nostro livello migliore. All’inizio nessuno avrebbe scommesso sul nostro progetto invece abbiamo rovesciato i pronostici e, grazie a un gruppo di ragazze fantastiche, siamo andati oltre le più rosee aspettative. Onore al merito e onore a questo gruppo di lavoro fantastico».

Il suo ruolo è tra quelli più importanti quando si parla di progettualità sportiva. Oggi, quando parliamo di settore giovanile, a corsa ci riferiamo?

«Si tratta, in prima battuta, di formare esseri umani. Il concetto di formazione deve, senza dubbio, essere quello primario. Questo è il primo passo. In Serteco abbiamo voluto creare una Cantera, per definirla con un termine tanto amato nel mondo del calcio. Abbiamo fatto sì che il nostro settore giovanile potesse creare giocatrici e a queste giocatrici abbiamo dato un futuro sportivo evitando un fenomeno, purtroppo, molto diffuso nella nostra regione».

Quale?

«La fuga verso i grandi club. Il progetto Serteco prevede di andare a creare noi stressi un grande club partendo proprio dalle ragazze».

Un ultimo periodo difficile e complesso quello che abbiamo appena vissuto. Come si fa a mantenere la concentrazione e come è stato possibile portare avanti un progetto così ambizioso in queste situazioni?

«Abbiamo creato una vera e proprio a bolla mentale. Abbiamo seguito le ragazze nella didattica a distanza, siamo state loro vicine. Il gruppo si è dimostrato serio, adulto e responsabile. In prima battuta, ovviamente, si sono sentite quasi privilegiate; potersi allenare quando tutto era fermo ha fatto scattare in loro un sentimento di responsabilità. Le ragazze sono cresciute, nel vero senso della parole. Oggi abbiamo atlete consapevoli di sport e di vita, non c’è retorica e non c’è morale in quello che dico. È proprio andata così».

La pallavolo, in Italia, come sta?

«Sta bene e sta male. Nella nostra realtà genovese e ligure, per esempio, sta male. Noi  ci troviamo nella cosiddetta periferia dell’impero; abbiamo solamente due grosse società che fagocitano il sistema, questo non è un bene perché il movimento ne risente. Per questo abbiamo deciso di puntare su grandi allenatori che potessero formare atlete complete. I tecnici sono determinanti. In Liguria la pallavolo sta male perché, come dicevo, molte giocatrici sono costrette a emigrare verso altre regioni per cercare fortuna. Noi vogliamo che questo fenomeno termini. Nel resto d’Italia invece la pallavolo sta bene, non a caso il movimento conta il maggior numero di iscritti tra tutte le discipline e la passione verso questo magnifico sport cresce giorno dopo giorno».

C’è un modo per limitare questo fenomeno della fuga di talenti?

«Sì, assolutamente sì e il suo nome è Pianeta Volley. Noi ci stiamo lavorando. Il nostro progetto mette in piedi una collaborazione tra le società del territorio e si pone l’obiettivo di andare a invertire la rotta di questo fenomeno. Andiamo a fare formazione con i nostri tecnici portando esperienza e lavoro alla atlete. La formazione dei tecnici sono le basi. Siamo alla ricerca del talento ma non per portarlo via alle società bensì per permettere proprio a questi talenti di crescere sempre di più e consolidarsi».

Ma. Sac.

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